Le mura di cinta della città di Melfi si sviluppano per una lunghezza di oltre 3 chilometri, partendo dal Castello Normanno-Svevo-Angioino, che sembra voler abbracciare simbolicamente l’antico borgo, cingendo l’intera collina del centro storico. La tradizione vuole che in esse si aprissero anticamente sei porte (Bagni, Venosina, Sant’Antolino, Troiana, Sant’Agostino, Calcinaia), delle quali oggi resta perfettamente conservata solamente Porta Venosina, di Porta Calcinaia sono presenti i soli piloni che reggevano l’arco, mentre porta Sant'Antolino è murata e versa in precarie condizioni, delle restanti porte sono comunque facilmente rintracciabili i siti (tranne Sant'Agostino). Lungo il suo perimetro si ergono ancora quindici torri (per un paio si tratta soltanto di ruderi), alcune rettangolari o quadrate, altre cilindriche.
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Si ha notizia di solide fortificazioni già in epoca Bizantina, ma è sicuramente con l’avvento dei Normanni che vennero costruite, o almeno ampliate, le possenti mura che fecero la loro fortuna e quella di Melfi, assurta al ruolo di capitale del nascente Regno. Nelle cronache del periodo la città viene descritta come una fortezza praticamente inespugnabile, capace di resistere per mesi agli assedi grazie anche ad un ulteriore sistema difensivo formato da piccole fortificazioni (perlopiù torri) posizionate sapientemente sulle colline che circondano la città (Monte Lapis, Castel Varaggiano, Torre della Cisterna, ecc.).
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L’originario perimetro si espande seguendo le fasi di crescita della città dettate dalla crescente fortuna Normanno-Sveva, in quel periodo infatti la città è sempre più crocevia di scambi commerciali, economici e culturali ma soprattutto fulcro politico del novello Regno, basti pensare ai numerosi Concili Papali e alle Costituzioni di Federico II che a Melfi ebbero sede. Raggiunte le attuali dimensioni già al tempo dei Normanni non si ha notizia di grandi lavori alle mura fino all’avvento delle armi da fuoco, fatta eccezione per le normali attività di manutenzione, rese necessarie in seguito a guerre ed assedi. Famoso quello del 1348 durante il quale Melfi, forte delle sue fortificazioni e ben difesa dal figlio del Conte Niccolò Acciaiuoli signore di Melfi, seppe resistere (unica città del regno) per ben sette mesi all’assedio del Re d’Ungheria.
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In seguito al passaggio della città in mano alla famiglia Caracciolo, i quali la possedettero col titolo di Principe, e per via delle mutate tecniche di guerra e d’assedio introdotte dall’uso della polvere da sparo le mura subirono un sostanziale adeguamento. In particolare grandi lavori furono operati da Giovanni II Caracciolo negli anni 1456-60, in seguito ad evento sismico, che diedero alle mura l’aspetto attuale. Sempre a causa dei terremoti crollò un piccolo tratto delle mura tra Porta Calcinaia e vico Pendino (1930), in seguito ricostruito con dubbio gusto, mentre le cronache registrano l’assurdo abbattimento della porta principale della città (1851), Porta Bagni, pur non avendo subito danni tali da giustificare tale provvedimento.
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In una ricognizione effettuata dalla nostra associazione, abbiamo seguito a piedi l’intero perimetro delle mura, documentando fotograficamente il reale stato in cui versa tale monumento. La situazione attuale delle gloriose mura di Melfi che per unicità, bellezza e valore storico meriterebbero di essere considerate monumento Nazionale, è ambigua; infatti ad un tratto perfettamente restaurato fa da contraltare tutto il restante perimetro (circa i ¾) in totale stato di abbandono e degrado, ai quali si sono aggiunti ultimamente fenomeni di grave abusivismo edilizio. Non nascondiamo lo sgomento per la gravità della situazione constatata, pertanto come da costume della nostra associazione, abbiamo deciso di agire allertando l’opinione pubblica. Infatti con il convegno "Salviamo le Mura" tenutosi l'1 marzo 2009 abbiamo avviato un percorso progettuale riunendo quei soggetti istituzionali che hanno le capacità e le competenze necessarie a programmare un immediato intervento di recupero del monumento.
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